RIFLESSIONI SULL’ATTUALE REGIME DI TUTELA DEI DELEGATI DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE………………CHI DIFENDERA’ I DIFENSORI???
In questa libera manifestazione di pensiero si vuole trattare l’argomento che concerne la tutela dei delegati della Rappresentanza militare e le criticità che emergono nel sistema.
La rappresentanza militare è l’istituto interno alle forze armate italiane, previsto dalla legge 11 luglio 1978 n. 382, il cui scopo è quello di tutelare il personale appartenente alle forze armate in alcuni limitati ambiti consentiti dalla legge.
Gli organi della rappresentanza militare si distinguono in:
- Co.Ce.R (Consiglio Centrale di Rappresentanza): organo centrale, a carattere nazionale ed interforze, articolato in sezioni di Forza Armata o di Corpo Armato rappresenta unitariamente il personale dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera;
- CoIR (Consigli Intermedi di Rappresentanza): organo di rappresentanza intermedio, svolge la sua attività presso gli Alti comandi. Ogni Ente di Forza Armata di livello divisione o superiore è rappresentato dal suo COIR;
- CoBaR (Consigli di Base di Rappresentanza): organo di base di rappresentanza del personale militare, generalmente opera a livello reggimentale, sulle Unità Navali da guerra e rappresenta il personale presso il Comandante di Corpo.
In estrema sintesi, le competenze di tali organi di rappresentanza…
- per i CoCe.R. riguardano la formulazione di pareri, di proposte e di richieste su tutte le materie che formano oggetto di norme legislative o regolamentari circa la condizione, il trattamento, la tutela – di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale dei militari;
- consistono, per i Co.I.R., nella funzione di consulenzaper i Generali al comando delle Grandi Unità;
- nell’impego, per i CoBa.R., in attività di consulenza del Comandante di Corpo, soprattutto per portare alla sua attenzione ogni tipo di questione ritenuta sensibile per il benessere del personale e per l’efficienza del Reparto stesso.
Dalle competenze degli organi rappresentativi sono, comunque, escluse le materie concernenti l’ordinamento, l’addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l’impiego del personale.
Gli organi di rappresentanza hanno, inoltre, la funzione di prospettare le istanze di carattere collettivo relative ai seguenti campi di interesse:
- qualificazione professionale ed inserimento nell’attività lavorativa di coloro che cessano dal servizio militare
- provvidenze per gli infortuni subiti e per le infermità contratte in servizio e per causa di servizio;
- attività assistenziali, culturali, ricreative e di promozione sociale, anche a favore dei familiari del personale militare;
- organizzazione delle sale convegno e delle mense;
- condizioni igienico-sanitarie e alloggi.
Tante bellissime parole, principi enunciati che fanno pensare ad un’oasi felice perché se fosse integralmente applicato il dettato del Codice dell’Ordinamento, o le legislazioni sul lavoro, la Rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali a tutela dei diritti dei lavoratori non avrebbero ragione di esistere.
Fa scuola il diritto del lavoro vigente nelle democrazie popolari comuniste dell’Est Europa dove lo Stato detenevai mezzi di produzione e i diritti sindacali dei lavoratori considerati di interesse pubblico e quindi i lavoratori venivano pagati a prescindere dalla produttività delle aziende perché nel sistema economico dirigistico non era previsto il lucro.
In Italia le cose sono andate diversamente il nostro sistema consociativistico, nei primi anni della Repubblica, dava un ruolo alle organizzazioni sindacali di rilievo, in nome degli ideali di giustizia sociale che si erano affermati in tutta Europa negli anni 20 pensando che tutte le organizzazioni fossero votate al benesseredei lavoratori, essendo il principio lavorista inserito nella Carta Costituzionale.
Non è così e il Grande Principe della risata, in arte Totò, lo aveva capito molti anni fa quando in un celeberrimo film, “Totò la dolce vita”, interpretava il presidente dei tassisti abusivi riuscendo, addirittura, a portare all’evidenza del signor Ministro quelli che potrebbero essere definiti, usando un eufemismo, i suoi “desiderata”.
A motivo della tutela fornita ad ogni lavoratore in divisa, il delegato della rappresentanza dovrebbe avere una tutela rafforzata, “tutela rafforzata” necessaria per il corretto e sereno svolgimento del proprio mandato (mutatis mutandis, una sorta di “immunità”).
Può accadere, infatti, che il dirigente si comporti in modo da impedire o scoraggiare la sua attività minacciando sanzioni, adottando misure ritorsive (negandogli, magari, la possibilità di partecipare alle riunioni, omettendo notifiche di convocazioni, non protocollando lettere del rappresentante dei lavoratori, impegnanadolo in servizi con mansioni inferiori ecc.), tentando di “fargliela pagare” con metodi e documenti che vanno a compromettere in modo irreversibile la carriera del militare.
Questi comportamenti “antisindacali” possono essere bloccati e sanzionati:
- in ambito civile e sindacale dal Giudice del lavoro (art.28 statuto lavoratori);
- in ambito militare il limite all’esercizio del mandato è considerato al pari della condotta antisindacale ed è regolamentato con il disposto di cui all’art. 1479 C.O.M. punto 50 dell’art. 751 comma 1, lett. a del D.P.R. 90/2010 che prevede la comminazione della sanzione disciplinare di Corpo più grave che è la “consegna di rigore” previa instaurazione formale del procedimento disciplinare ma in questo caso a decidere sulla “disfunzione” non è un organo terzo e neutrale (Giudice) ma il Comandante dell’Unità di Base a cui il delegato formula un “rapporto disciplinare”sull’esito del quale avrebbe, almeno in linea teorica, diritto di conoscenza.
Ma partendo da un esempio concreto, se ad un militare nell’ambito dello svolgimento del servizio ordinario viene impedita la partecipazione ad un’attività di competenza dell’organo di Rappresentanza si sostanzia, chiaramente,un limite all’esercizio del mandato.
A tale grave condotta “antisindacale” il dirigente a cui l’organismo è affiancato dovrebbe nell’ambito delle sue prerogative, vigilare, prevenire ed anche reprimere tali comportamenti, nel caso in cui il delegato inoltri il previsto rapporto, il dirigente appena ricevuto il rapporto, dovrebbe aprire un’istruttoria prodromica ad instaurare un procedimento disciplinare(obbligatorio e non rimesso alla discrezionalità di quest’ultimo) censurando l’operato del comandante del Reparto che ha in carico il militare e, con correttezza istituzionale, notiziare l’organismo affiancato.
Ma anche qui nel sistema del Belpaese, può capitare che tali segnalazioni rimangono lettera morta perché nel diritto “vivente” vengono solo sanzionati senza esitazione e nessun ritardo, i sottufficiali ed militari di truppa ma sono rari se non unici i casi che riguardano gli ufficiali che nella loro condizione quasi “umana” sbagliano e vengono sanzionati creandode facto delle sacche di impunità dove il sistema permettedi commettere abusi nella consapevolezza che pagherà in qualche modo solo il militare destinatario. Direbbe qualcuno che la Giustizia non è di questo mondo ed appartiene solo a Dio.
In alternativa si potrebbe utilizzare la richiesta di audizione all’organismo centrale, per interessare l’organismo ad intervenire presso il vertice, quest’ultima procedura non è ben codificata, ciò non significa che sia vietata, ma può presentare delle criticità che possono indurre gli addetti ai lavori a commettere delle violazioni che a loro volta non verranno sanzionate, invero se il delegato si rivolge ad autorevoli esperti del settore, la dottrina si divide tra coloro che sostengono che l’istanza debba essere inoltrata:
- per via gerarchica (ex art 715 C.O.M.) tramite il reparto di appartenenza;
- per il tramite del Consiglio di Base di appartenenza che la inoltrerà all’organismo Centrale tramite il Co.I.R.;
- ildelegato può scrivere direttamente all’organismo tramite posta elettronica istituzionale.
Le prime due procedure avendo un passaggio obbligato che funge da comune denominatore (comando di II livello) potrebbero prestarsi ad interpretazione di fini giuristi ecreare un conflitto di competenza, invero si potrebbe verificare che l’istanza potrebbe essere inoltrata dalla medesima autorità nella duplice veste di dirigente della struttura e dell’organismo affiancato.
Ma le novità, si sa, non sempre sono accettate di buon grado e nel dubbio si finisce nel limitare ulteriormente il mandato del militare andando cercando di inibire la sua volontà di rapportare i fatti e di evidenziare le criticità all’organismo centrale, facendo sì, con un vero e proprio torneo di ping-pong, tra i vari uffici preposti secondo il consolidato Sacro principio del “non è compito mio” o dell’incompetenza, se volete, nel senso nobile della parola, non facendo pervenire all’Organo Centrale la pratica di audizione definendola “anomala” e cassandola (con il classico ormai famoso bacio in bocca di Berlino tra Honecker e Breznev) “previo parere verbale dell’Ufficio di Rappresentanza” (!) anticipando forse principi di diritto anglosassone dopo la Brexit, nella versione bizantina e levantina.
Per arrivare ad un’audizione, chiarire ciò che è successo e che le storture del sistema occultano. Marchese del Grillo docet….
Il lettore ne tragga le opportune conclusioni.
Tale pratica richiede una tempistica molto più aggravata (circa due anni per scavalcare tutti i muri di gomma) e nel caso il richiedente dovesse in qualche modo seguire il contenuto della sua legittima istanza inoltrata nel pieno rispetto della legge, può vedersi arrivare un comunicato dove viene bypassato il problema principale ed emerge in aderenza al Sacro principio “se non riesci ad esser preciso cerca almeno di essere confuso” tanto in voga nelle attuali modalità di evasione delle trattazioni dove basta scrivere qualcosa anche senza attenersi al contenuto e senza che non vi sia alcuna aderenza nel merito, al principio questa volta Giuridico del “chiesto e pronunciato” stigmatizzato dal vigente C.P.C..
Le risposte evasive e pilatesche molte volte sono anche tese ad eliminare personaggi scomodi, già ostracizzati e costretti all’esilio in altri lidi, che magari essendo troppo vicini alla base lontani da quei piccoli privilegi che godono i “parlamentari sindacalisti” che poi devono essere motivo di riconoscenza nei confronti di chi permette ai “cartelli di governo” certe licenze, sminuendo sempre di più il ruolo della Rappresentanza che è sempre più lontana dalle esigenze dei militari.
A nessuno importa, poi, se vi sono degli abusi impuniti e che la legge debba essere applicata solo nei confronti delle categorie di base anche perché al Sardanapalo di turno, una volta eletto gli interessa solo “il muggito dei suoi buoi” e nient’altro e vi assicuro che si possono fare tante cose tranne convocare i delegati che ne facciano richiesta.
Politiche che gli organi centrali avallano a discapito dei componenti delle categorie di base che operano con tantissime difficoltà sul territorio seppur nell’ambito di organismi “commissariati” dalla nomenklatura, dove vi è solo un referente deputato ad appiattire le menti, dove è vietato pensare ma soprattutto tutelare il personale visto che l’attuale rappresentanza, così come strutturata, in “cartelli” o, volendo usare un linguaggio “politicallycorrect”, “correnti”, non riesce nemmeno a tutelare se stessa: ciò trova dimostrazione ed ulteriore conferma nei lavori in corso per il recente riordino delle carriere I.S.A.F. che ha partorito la c.d.“dirigenza”e accorciamento degli anni per l’avanzamento agli ufficiali a partire dal grado di maggiore visto che si professa mancanza di risorse per rinnovare un contratto fermo da 5 anni.
Dum Romaeconsulitur …Saguntumexpugnatur!……e questa volta non è Sagunto ad essere espugnata ma i diritti dei militari, la loro dignità ed il loro spirito di sacrificio al servizio dei cittadini, perciò riteniamo di allungare ulteriormente le dovute distanze da questo tipo di rappresentanza e dai loro autorevoli esponenti confidando che i colleghi possano capire nelle prossime elezioni le vere intenzioni dei candidati ed auspicando che il governo non intervenga con l’ennesima iniezione di formaldeide per prorogare il mandato e mantenere la mummia della rappresentanza attuale.
Apprezzabile ed illuminato per le criticità che riguardano i militari della Guardia di Finanza, l’intervento del nuovo Comandante Generale in una risposta ad una delibera del Co,Ce.R. dal quale emerge,dopo aver ribadito l’importanza del ruolo della Rappresentanza,che “alla prima favorevole occasione di incontro con le diverse Autorità gerarchiche locali, sarà ribadita l’importanza che annetto al ruolo e alla funzione dei delegati e degli Organismi della Rappresentanza Militare”, auspichiamo che certe tristi vicende non accadano più ai militari che fanno parte degli organismi di rappresentanza.
Infine sul peso specifico della Rappresentanza, non si vuole ricordare al lettore il discorso di Don Bastiano prima dell’esecuzione della sua condanna al patibolo nel film Il marchese del Grillo, ma è doveroso prendere atto che la rappresentanza attuale così com’è strutturata dalle leggi in vigore e divisa tra le varie correnti, non vuole e non è in grado di difendere se stessa come può difendere i militari a cui sarebbe preposta? A Voi la risposta.
Gaetano Ruocco
Angelo Delcuratolo